Verso le città sostenibili

Andrea Poggio
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Intervento tenutosi in occasione del convegno “Italia 2050”, organizzato dall’Italian Institute for the Future presso la Città della Scienza di Napoli, 16 novembre 2013, nell’ambito della Tavola Rotonda “Per un’Italia più moderna”.

 

Vorrei iniziare il mio intervento partendo da quanto detto da Domenico Villacci prima di me (clicca qui per leggere il suo intervento), su quanti problemi stanno creando le rinnovabili alle centrali elettriche del nostro paese. Bene, io la vivo come un’opportunità. Quando ho studiato le centrali di energia al Politecnico di Milano, c’erano 6.300 contatori elettrici che fornivano energia alla rete e già allora c’erano problemi di gestione. Le prime leggi che hanno funzionato da incentivo alle rinnovabili, e che ci hanno permesso di montare i pannelli solari sul tetto, sono del 2007. Ebbene, i contatori che forniscono energia alla rete oggi sono 700.000, di cui 500.000 sono tetti solari. Al G8 si era detto che nel 2050 le rinnovabili sarebbero arrivate all’85-90 per cento. È un destino già segnato. Accadrà poi, tuttavia, che si cercherà di rallentare la crescita delle rinnovabili. Lo si sta già facendo quando sentiamo dire che chi ha costruito tante centrali termiche, a carbone, a gas ecc. non ha ritorno economico. Questo avviene perché sono state costruite più centrali del necessario: ben 135.000 MW installati su una domanda di 55.000.

 

Al G8 si era detto che nel 2050 le rinnovabili sarebbero arrivate all’85-90 per cento. È un destino già segnato. Accadrà poi, tuttavia, che si cercherà di rallentare la crescita delle rinnovabili. Lo si sta già facendo quando sentiamo dire che chi ha costruito tante centrali termiche, a carbone, a gas ecc. non ha ritorno economico. Questo avviene perché sono state costruite più centrali del necessario.

 

Perché abbiamo bisogno di meno energia, oggi? Perché stanno cambiando gli stili di vita. Le stime demografiche da qui al 2100 parlano di un pianeta con 11 miliardi di abitanti. Sono convinto che questa cifra non verrà mai raggiunta, perché nel mondo sta succedendo quello che succede in Cina: recentemente è stato deciso, in Cina, di permettere il secondo figlio per ogni famiglia perché si è scoperto che i cinesi crescono poco rispetto alle esigenze della loro economia. Ma sono certo che questo non porterà a una crescita demografica della Cina: ormai sappiamo che, appena inizia a svilupparsi una vita moderna, diminuisce il tasso della crescita della popolazione. Questo spiega perché Napoli è la città più giovane d’Europa. Stanno quindi cambiando gli stili di vita, che portano a un rallentamento degli indici demografici e a un preoccupante invecchiamento della popolazione, a meno che non si trovino nuovi stili di vita per vivere felici in tanti sul nostro pianeta.

 

Perché abbiamo bisogno di meno energia, oggi? Perché stanno cambiando gli stili di vita.

 

Le variabili determinanti, quindi, sono gli stili di vita, i saperi e le tecnologie. Lo dico apposta in quest’ordine perché l’uno è conseguenza dell’altro. Prendiamo ad esempio il problema della terra. C’è poca terra per tutti non perché costruiamo e cementifichiamo, cosa che dovremmo smettere assolutamente, certo, ma perché c’è bisogno di sempre più terra per gli allevamenti. Se diventiamo tutti carnivori come gli statunitensi o i brasiliani, che hanno un consumo di carne enorme, non ci sarà abbastanza terra per tutti. Diverso sarebbe se adottassimo tutti la dieta mediterranea. Questo è l’impatto degli stili di vita sul futuro.

le-citta-sostenibiliL’idea che presento nel libro Le città sostenibili deriva dall’esperienza acquisita dalla precedenti campagne di Legambiente contro gli sprechi. Abbiamo scoperto che, eliminando gli sprechi, è possibile ridurre i consumi inutili, e quindi anche la spese delle famiglie, di circa il 10 per cento. Non è ancora il taglio del 20 per cento che l’Unione europea suggerisce attraverso il suo programma 20-20-20, ma un calo del 10 per cento nelle emissioni inquinanti si può avere in questo modo, riducendo i consumi inutili. Poi arrivano le nuove tecnologie, che di danno una mano in più. Allora iniziamo a organizzarci per i gruppi di acquisto del solare, i condomini si organizzano per risparmiare energia e così via. Quello che aiuta a risolvere il problema di sostenibilità sociale aiuta a risolvere anche i problemi di sostenibilità ambientale.

Dal punto di vista tecnologico, per realizzare le città sostenibili non è necessario attendere innovazioni fondamentali. Attualmente si possono costruire già case a consumo energetico quasi zero. Noi a Milano abbiamo deciso di anticipare la direttiva europea 2020 per le case a consumo energetico quasi zero al 2015 in vista dell’Expo che si terrà l’anno prossimo. Il problema è la preoccupazione dei costruttori, che devono mettersi d’accordo con i fornitori, le maestranze, in generale tutta la filiera, per cambiare il modo di costruire gli edifici. Ed è vero, tant’è che, da quando nel 2007 è stata introdotta la certificazione energetica degli edifici, anche quando si cercano di costruire le case di classe A e si fa tutto bene e a norma, spesso le classi energetiche si fermano alla B. Però stiamo facendo passi avanti: ci sono già duemila case a consumi zero in Europa. Il problema è costruirle in tutte le città.

Cosa deve fare l’Italia? Deve varare un piano per la riqualificazione energetica dell’intero patrimonio edilizio, pubblico e privato, fissando l’obiettivo ad almeno il 3 per cento l’anno. Ciò è possibile attraverso un sistema di disincentivi: se non riqualifichi, non ti do i soldi. È un sistema che funzionerebbe molto meglio dell’attuale procedura d’infrazione da parte dell’Unione europea, che impone tempi lunghissimi e che alla fine si conclude con un sacco di multe non pagate, perché ben pochi pagano le multe dell’UE. L’obiettivo è a portata di mano perché le tecnologie ci sono e c’è già persino una parziale riconversione del settore edilizio. Difatti, l’unico settore edilizio in crescita negli ultimi anni è quello delle ristrutturazioni, che è già il primo settore con una percentuale del 55 per cento sul totale del fatturato del settore. Se vogliamo fare questo piano di riqualificazione energetica, dobbiamo moltiplicare per dieci il fatturato del 55 per cento. I benefici saranno lavoro qualificato in grado di fare ristrutturazioni energetiche, una riduzione quasi a zero del consumo energetico delle famiglie e un rilancio economico. Significa rilanciare l’economia, fare il contrario della decrescita. Basta che ci diciamo che la principale opera infrastrutturale da fare nei prossimi decenni non è la TAV o il ponte di Messina, ma le case delle nostre città, la vetrina dell’Italia nel mondo.

 

Cosa deve fare l’Italia? Deve varare un piano per la riqualificazione energetica dell’intero patrimonio edilizio, pubblico e privato. I benefici saranno lavoro qualificato in grado di fare ristrutturazioni energetiche, una riduzione quasi a zero del consumo energetico delle famiglie e un rilancio economico. Significa rilanciare l’economia, fare il contrario della decrescita.

 

La casa, tuttavia, è solo l’inizio. Il passo successivo sono le città. Si parla molto di smart city. Sul lato “smart”, noi italiani siamo messi bene: siamo il primo paese al mondo per quantità di foto e musica scaricati sugli smartphone. Forse, se ci dessero altro da scaricare, faremmo un salto di qualità. È principalmente un problema d’informazione: la gestione libera delle informazioni a partire dai nostri quartieri è l’elemento fondamentale. Non si deve ragionare più in termini di casa ma di interi quartieri, che cambieranno insieme alle case e alle tecnologie, sviluppando quella serie di relazioni che sono alla base delle nostre città. Questo è l’inizio della terza rivoluzione industriale, e noi siamo avanti in questo percorso.

Jeremy Rifkin mi disse una volta che tutto il mondo deve saltare delle fasi: sono pochi quei paesi che hanno fatto sia la prima che la seconda rivoluzione industriale nei tempi giusti. Questo è fondamentale rispetto a quel che sta succedendo oggi in Italia. Considerate il fenomeno dell’abusivismo. Sappiamo che è un fenomeno prevalentemente meridionale, ma di case non censite ce ne sono parecchie anche al Nord. Come facciamo a fare un simile piano di riqualificazione edilizio se non abbiamo completato il censimento e andiamo avanti con migliaia di nuovi edifici abusivi ogni anno? Ebbene, le due cose devono necessariamente procedere insieme. Esattamente come molti paesi passano alla terza rivoluzione industriale prima di aver completato la seconda, così noi dobbiamo iniziare la riconversione ora. Dobbiamo smettere di lavorare in nero, perché se questi lavori devono essere detraibili allora bisogna fatturare, e bisogna pagare il lavoro. Fare tutte queste cose insieme vuol dire aumentare, non diminuire, il gettito fiscale.

In conclusione, o dalle città parte la sostenibilità del futuro, cominciando a vivere a emissioni zero di CO2, a bassa energia, oppure le nostre città chiuderanno i battenti. Io penso che le città italiane siano tra le più resilienti del mondo, semplicemente perché hanno cambiato la vita dei loro cittadini rimanendo floride. Ma come rendere tutte le nostre città più resilienti? Facendo dei piani perché le nostre città siano a consumo quasi zero. È una trasformazione che sta già avvenendo. Se andate alle fiere dell’edilizia, potete vedere tutti materiali nuovi, spesso materiali di riciclo: si fanno ottimi materiali isolanti dal riciclaggio dei rifiuti. La trasformazione che sta avvenendo nei settori produttivi è diffusissima e trasformerà l’Italia, se lo vorremo.

 

Come rendere tutte le nostre città più resilienti? Facendo dei piani perché le nostre città siano a consumo quasi zero. È una trasformazione che sta già avvenendo.

 

Articolo reperibile su Futuri Magazine – Italian Institute for the Future.

About Andrea Poggio

Andrea Poggio è Presidente della Fondazione Legambiente Innovazione e Vicedirettore generale di Legambiente. Fondatore del mensile La nuova ecologia e del sito Viviconstile.org, è esperto di sostenibilità urbana e smart city. Tra le sue pubblicazioni: Green life. Guida alla vita nelle città di domani (2010) e Le città sostenibili (2013).

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