Lancio del CED – Alfonzo Sperandeo, assessorato Panini per lavoro, attività produttive e sviluppo del Comune di Napoli

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Buongiorno a tutti. Sono Alfonzo Sperandeo, collaboro con l’assessore Enrico Panini, e all’interno del comune di Napoli mi occupo delle politiche di sviluppo della città.

Quello dello sviluppo territoriale è uno degli obiettivi prioritari del Comune di Napoli. In collaborazione con il Dipartimento di funzione pubblica abbiamo avviato una riflessione sulle strategie di sviluppo della città di Napoli e della sua area metropolitana, anzitutto avendo un approccio relazionale intenso con tutta la società civile presente sul territorio metropolitano. Del resto, Napoli è la terza città d’Italia ed è anche una delle più estese, dense e popolate aree metropolitane europee, e per questo – inevitabilmente − rappresenta un sistema molto complesso, caratterizzato da forti disequilibri sociali e culturali. Oggi le istituzioni delle città metropolitane ci obbligano a una riflessione sulla città metropolitana e su Napoli, che spesso − proprio perché considerata troppo complessa e caratterizzata da un’elevata frammentazione amministrativa − non ha avuto quella giusta attenzione e analisi che avrebbe dovuto avere.

Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un notevole cambiamento delle istituzioni, come possiamo riscontrare anche a livello europeo: un aumento della sovranità strategica delle città, che si sono riappropriate della competenza e dell’autonomia nel definire le proprie linee strategiche di sviluppo. Le città, non sono più considerate come luoghi dove si manifesta lo sviluppo economico, ma dove si genera lo sviluppo economico. Oggi, la capacità, il “sistema paese”, di avvantaggiarsi in campo tradizionale, dipende in buona parte proprio dalla capacità che hanno le città di produrre reddito. Sono proprio le città che tendono ad arrogarsi quelli che sono alcuni dei segmenti − spesso anche più pregiati − di tutto il sistema produttivo: le città, ovviamente, in quel modo rifuggono dall’idea di essere dei musei a cielo aperto, invece sviluppando quelle che sono le proprie potenzialità a livello industriale.

Non parlo della vecchia industria, del vecchio sistema manifatturiero, ma di alcuni segmenti della produzione − ad esempio progettazione, analisi dei dati − che inevitabilmente vanno a ricollocarsi all’interno delle città. E un contesto caratterizzato da sempre minori trasferimenti da parte dello Stato, nella nuova programmazione europea che si è oramai aperta, offre all’Italia la possibilità di avvalersi di circa cento miliardi di finanziamenti, tra europei e statali. Bisogna far sì che gli interventi progettati creino effettivamente sviluppo dei territori, e questo per evitare delle performance non soddisfacenti − come accaduto in passato − determinate proprio da una mancanza di progettazione, di coinvolgimento di tutti gli stakeholder interessati e di tutti i livelli istituzionali.

Spesso gli enti locali sono stati destinatari di interventi e di risorse che venivano decisi, progettati e calati sulle realtà locali e ad altri livelli, pur essendo gli enti locali stessi, paradossalmente, incompetenti nell’attuazione di quegli interventi e di quelle misure. Oggi, invece, la nuova programmazione dei fondi europei consente (anzitutto attraverso un codice di partenariato) una stretta relazione tra tutti i livelli istituzionali coinvolti. Questa è un’occasione che tutte le città devono saper cogliere, soprattutto imparando a progettare. Forse il difetto che abbiamo sempre avuto, anche a livello di amministrazione, è proprio l’incapacità, l’inadeguatezza nel saper ideare, realizzare e progettare degli interventi.

Proprio per questo abbiamo chiesto dei finanziamenti per rafforzare la capacità istituzionale, della pubblica amministrazione e dell’ente locale. Il Comune di Napoli ha avviato − anche in anticipo rispetto ad alcuni strumenti di programmazione che oggi vedono una forte integrazione tra politiche del lavoro e politiche di welfare − un’integrazione tra questi due circuiti. Uno degli obiettivi che ancora possiamo portare avanti è proprio la realizzazione di alcuni luoghi che abbiamo chiamato “spazi di prossimità”, luoghi più prossimi al cittadino.

Abbiamo teso a realizzare luoghi dove il cittadino potesse essere accolto e avere un orientamento di primo livello rispetto a quelli che erano i suoi fabbisogni primari, soprattutto prestazioni socio-assistenziali e prestazioni di lavoro. Infatti, un cittadino o una cittadina che ha bisogno di una prestazione socio-assistenziale, inevitabilmente avrà anche problemi legati all’occupazione. Questo, abbiamo cercato di realizzarlo con le poche risorse che avevamo a disposizione.

Termino qui il mio intervento e vi auguro un buon lavoro, Grazie.

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