Economia per le Nuove Generazioni

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Keynes e il lungo termine

Il punto di partenza per capire gli scenari futuri dell’economia è analizzare e ridiscutere le assunzioni dei vecchi paradigmi economici, quindi coglierne punti di forza e criticità al fine di individuare spunti per il superamento di strutture ormai divenute inadeguate, in un’ottica in cui assume importanza cruciale la rilettura dell’impostazione metodologica e delle funzioni delle istituzioni internazionali. Rileggere Keynes, economista noto per la propensione attribuita al breve termine (“In the long run we are all dead”), significa andare a individuare assi per la crescita e il benessere di prospettiva, investimenti per il futuro, assunzioni ormai assorbite da diverse modellistiche nel proscenio internazionale.

Le conclusioni brillanti fornite da questa autorevole analisi si possono cogliere proprio nella rilettura delle predizioni di lungo periodo operate da Keynes nel suo scritto, riguardanti temi di impellente attualità: crescita, lavoro, impresa, innovazione tecnologica, ambiente, globalizzazione.

Una volta individuati obiettivi di lungo termine, la sfida diventa quella di coniugarli alle politiche economiche di espansione fiscale a cui il dibattito internazionale pare attribuire un rinnovato consenso bipartisan nel novero delle misure da adottare per arginare la crisi; sorpassare l’impasse generata dalle ricette di austerity e dalla tracotanza dei mercati finanziari significa anche parlare di scelte oculate di spesa pubblica, che passino, al contempo, per un efficientamento della macchina pubblica e, inderogabilmente, per una rivisitazione strategica del sistema tributario in favore dell’economia reale e a monitoraggio dell’economia nominale. Del resto, prevedere investimenti in tecnologia, infrastrutture ed educazione e allo stesso momento concepire una riduzione degli sprechi e della spesa negli assi meno produttivi può tradursi facilmente in un aumento della produzione nel breve termine e un abbassamento del deficit nel lungo periodo.

Fonte: pinterest.com

Verso nuovi paradigmi economici

E’ chiaro che, nell’individuare gli orizzonti economici delle nuove generazioni, diventa oggi sempre più urgente volgere verso la definizione di nuove concettualizzazioni di sviluppo. Può essere interessante richiamare una realtà molto vicina all’IIF, la Città della Scienza di Bagnoli.

Già nel 1987, con il “modello meridionale” proposto da Vittorio Silvestrini, la realtà napoletana si faceva precorritrice con trentanni di anticipo nel concepire un paradigma economico di sostenibilità ambientale e sociale basato su territorio, cultura e lavoro e avente una particolare propensione alla valorizzazione dei talenti giovanili locali.

Allo stesso tempo, sul piano internazionale, basandoci su esperienze come quella dell’Est asiatico, possiamo trarre spunto da nuove modellistiche economico-sociali, in cui si attribuisce un nuovo slancio agli investimenti in R&S, formazione, innovazione e tecnologia, aventi come punto di snodo il network, il distretto industriale e i parchi scientifici e tecnologici nel quadro di un approccio al commercio internazionale di tipo strategico. Pensando, invece, all’America Latina, anche a livello comunitario pare si stia recependo lentamente l’esperienza di un sistema giuridico che si faccia non solo garante, ma che sia capace di ridefinire le priorità della società. Diventa necessario immaginare modelli in cui lo Stato giochi un ruolo cruciale nel coniugare le esigenze pubbliche, private e dei cittadini, pur senza sostituirsi ad un mercato proattivo. In tal senso, passaggio obbligato è quello di riformulare la programmazione di politiche industriali strategiche e di capire per poi trasformare le minacce provenienti dall’integrazione dei mercati in opportunità per il rilancio, con l’obiettivo di restituire competitività, lavoro e benessere al paese senza tralasciare gli aspetti territoriali e le esigenze sociali e culturali, in un approccio che sia in grado di assimilare l’emergente lezione glocale.

Fonte: weforum.org

Studio e previsione dell’economia per le nuove generazioni

Su questa scia, diventa fondamentale la proliferazione di eventi che inducano alla riflessione critica e che vadano non solo a colmare il vuoto generatosi tra mondo accademico e mercato del lavoro, ma che riescano a fare da ponte tra università e pubblica amministrazione, impresa e società civile, settori troppo spesso slegati. Su queste basi è stato ragionato il seminario del 24 aprile scorso “Economia per le nuove generazioni”, parte del ciclo di incontri organizzato dall’IIF presso il dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli Federico II “Future Studies: studiare il futuro per capire il presente”. L’evento ha visto confrontarsi i professori Paolo Stampacchia, Pietro Masina e Renato Briganti sulle prospettive future di impresa, finanza, mercato del lavoro e diritto a cui le nuove generazioni andranno incontro nei prossimi decenni. Le testimonianze portate dai relatori vanno ad inserirsi in questo quadro più vasto di rivisitazione dei vecchi paradigmi economici, tra i punti fondamentali di indagine dell’IIF e dell’Osservatorio SvEc sullo sviluppo economico.

Oggetto dell’incontro sono state proprio le politiche per le future generazioni e la distanza troppo spesso riscontrata tra creatività ed innovazione, con un’attenzione particolare rivolta a Napoli, la città più giovane d’Europa.

Non è un caso che il ciclo di incontri abbia ottenuto il patrocinio proprio dall’Assessorato alle politiche giovanili, creatività ed innovazione del Comune di Napoli.

Azioni e strumenti per il nuovo ordine economico

Per queste ragioni, uno svecchiamento dalle strutture obsolete non può non passare per un nuovo ordine economico caratterizzato da una rinnovata centralità della persona, in un processo di capovolgimento della gerarchia tra economia nominale ed economia reale; un sistema in cui la finanza internazionale ceda il passo all’economia che genera ricchezza e benessere. Diventa necessario che quest’ultima torni a servirsi della finanza, attraverso l’uso di strumenti divenuti ormai fondamentali per la ripresa del commercio, dell’artigianato e dell’impresa, su tutti il microcredito.

Queste esigenze trovano risposta in ambito internazionale nelle nuove misurazioni del benessere, mosse dallo slancio perpetuato già dall’UNDP con il Rapporto sullo Sviluppo Umano (HDR), poi nell’Unione Europea dalla Commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi (CMEPSP), che in Italia ha trovato applicazione nel marzo 2013 attraverso il BES (Benessere Equo e Sostenibile), curato dall’ISTAT e dal CNEL di riflesso alle avanguardie internazionali. Il superamento del PIL e l’integrazione di quest’ultimo con nuove misurazioni economiche di carattere qualitativo traduce l’esigenza di nuove, esaustive formulazioni del linguaggio economico. Su questa linea, l’esigenza di legare l’etica allo sviluppo economico trova conferma in nuovi indirizzi di CSR, su tutti gli strumenti ISO di certificazione della responsabilità sociale ed ambientale delle imprese e della pubblica amministrazione, così come le nuove forme di democratizzazione e trasparenza della rendicontazione: bilancio sociale, partecipativo ed etico. Il settore privato, quindi, assurge a co-protagonista attivo di questo cambiamento, mosso dall’esigenza di ridefinire non solo ruolo e identità imprenditore-innovatore, ma anche di portare gli obiettivi aziendali in un’ottica di cambiamento culturale prima ancora che manageriale, legandoli al più vasto fine della creazione del valore d’impresa piuttosto che del solo profitto. Anche in questo caso, una rilettura critica delle buone pratiche della PMI, in particolare del made in Italy, ma anche dei campioni nazionali, soprattutto le realtà afferenti al settore dell’innovazione e della tecnologia (pensiamo su tutti ad Olivetti), sembra un passaggio necessario per restituire una dimensione industriale di carattere sostenibile al paese. Queste prassi, unitamente ad una metodologia di rappresentanza mossa “dal basso” e di cui il terzo settore si è reso portavoce, vengono oggi individuate come percorsi di importanza cruciale per la formazione degli agenti positivi di cambiamento necessari a stimolare il rinnovamento strutturale intrapreso globalmente e l’impellente ricostruzione del paese.

Approfondimenti: 

Keynes J.M., Economic Possibilities for our Grandchildren (1930), in “Essays in Persuasion”, W.W.Norton & Co., 1963.

Pecchi L. e Piga G. (a cura di), Il ven-tunesimo secolo di Keynes. Economia e società per le nuove generazioni, LUISS University Press, 2011.

Stiglitz J.E., Sen A.K., Fitoussi J-P., Report by the Commission on the Measurement of Economic Performance and Social Progress, 2009. 

About Andrea Gatto

Presidente del Center for Economic Development & Social Change ed editor-in-chief della Rivista "Sviluppo, Sostenibilità, Innovazione Sociale". È Visiting Research Fellow presso il CREATES - Università di Aarhus (DK), nonché PhD in Statistica e Sostenibilità all’Università di Napoli “Parthenope”. I suoi interessi di ricerca includono il nesso tra sviluppo e sostenibilità, la politica e la regolamentazione energetica ed agraria, la vulnerabilità e la resilienza, l'agenda dello sviluppo e gli SDGs, e la microfinanza, esaminati in un'ottica storica di lungo termine, di analisi del ciclo economico e degli indicatori compositi.

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