Cronache di una Notte Narrata: ‘na Nuttata ‘e Microcredito al Rione Sanità

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Un resoconto informale dell’evento organizzato dal CED in occasione della Notte del Lavoro Narrato 2017

 

Venerdì 28 aprile 2017: percorriamo in auto Via Santa Teresa degli Scalzi, direzione Corso Amedeo di Savoia, alla ricerca “della prima a destra dopo il ponte e l’ascensore della Sanità”, traversa Cagnazzi. Sono le sei passate e il traffico ormai si fa sentire; in macchina una chitarra, spartiti e una busta di lino zeppa di cestini di vimini, piatti e bicchieri variopinti, riutilizzabili ed ecofriendly. Una mano stringe i fogli stampati che odorano ancora di inchiostro fresco, contenenti gli estratti da leggere in occasione di questa nuova Notte del Lavoro Narrato e dell’evento ‘na Nuttata ‘e Microcredito – Aperitivo d’arte e lavoro al Rione Sanità organizzato dal CED – Center for Economic Development & Social Change; nell’altra mano, il navigatore del cellulare: in questi momenti ti accorgi che pur essendo napoletana e alla soglia dei trent’anni ci sono ancora miriadi di strade, vicoli, quartieri di Napoli di cui conosci a malapena l’esistenza, la fisionomia nascosta sotto il velo dell’inconsapevolezza, del luogo comune che ti insegna la diffidenza verso ciò che non conosci.

Gianluigi prontamente imbocca il vicolo ripido, stretto al punto da obbligare al senso alternato, un serpente che si snoda fin nelle viscere del Quartiere Stella; nella testa si forma una frase del primo brano, La casa nel campanile, che racconta la storia di Padre Alex Zanotelli attraverso le parole di Cinzia Massa e Vincenzo Moretti:

E così la Sanità non è più un luogo di passaggio, ci si deve venire apposta”

 

Si fa largo una sensazione strana, un’intuizione sottile: come se il presente in atto e le parole dei racconti che leggerò in occasione di questo evento del CED, dedicato al Progetto Microcredito al Rione Sanità e all’impegno dei suoi tanti operatori sul territorio e nel quartiere, si fondessero nella mente in una sorta di cronaca in tempo reale eppure già raccontata, già parte di una storia iniziata da qualcun altro.

Persa in questi pensieri e con il navigatore che non collabora, transitiamo per Salita Cinesi superando di pochi metri il piccolo basso senza accorgercene: una signora gentile ci aiuta nell’orientamento ma i sensi di marcia ci obbligano ad addentrarci in vicoli stretti e sconosciuti, alla ricerca di un parcheggio e di un modo per tornare sui nostri passi tra auto in sosta, persone, motorini che ci sfrecciano accanto e l’ansia del tempo che fugge via. Ma la fortuna è dalla nostra: un posto ci attende proprio in Piazzetta San Severo a Capodimonte, a pochi passi dalla meta, e tutto sembra quadrare lasciando spazio a una ritrovata serenità e alla voglia di mettersi subito all’opera, da bravi membri del CED, per predisporre insieme il necessario per la serata. Mentre passiamo davanti alla facciata della Basilica di San Severo, che osservo per la prima volta, noto che molte persone stanno dipingendo un altissimo murale, che affianca la chiesa in tutta la sua altezza; colori sgargianti, allegri, che quasi non ti aspetteresti in un contesto come quello.

La Sanità con i suoi palazzi, la sua storia, l’altra grande ricchezza del quartiere e cioè il senso di comunità

 

L’ambiente che ci ospiterà, gestito dall’associazione onlus Adda passà ‘a Nuttata, è piccolo ma si respira un’aria intima, familiare: ad accoglierci troviamo Davide e Suor Lucia, una delle colonne portanti delle attività di quartiere, che stanno giusto terminando il doposcuola a due dei tanti bambini della zona.

Bisogna dare tempo, dedizione, amore ai più piccoli. Alex pensa che questo i ragazzi lo percepiscano”

 

Incuriosita osservo i murales che campeggiano sulle pareti bianche, volti noti e citazioni ispirate che riempiono quello spazio contenuto, lo ridefiniscono nella sua nuova identità: Troisi, Don Diana, Siani, Totò, Maradona, Pino. Ma il primo sguardo, non a caso, è per Eduardo:

“Adda passà ‘a nuttata…”

 

L’arcinota frase di Napoli Milionaria che racchiude in quattro parole tutta una filosofia della pazienza, del tirare avanti e della voglia di resistere a una notte che racchiude tutti i significati del mondo, spicca fra le altre. Perché le parole sanno essere potenti, portatrici di senso, di un nuovo significato; e perché no, il nostro incontro con esse può essere veicolo di speranza e complicità, unione delle parti.

Andrea  − presidente del CED e organizzatore, oltre che moderatore, della serata − ci raggiunge a bordo della sua bici pieghevole, carico di una mole inattesa di prelibatezze biologiche che arrivano dritte dalla Bottega dei sapori dei coniugi Frattini, una delle realtà micro-imprenditoriali sostenute dal finanziamento del Progetto e dai membri del Comitato Microcredito al Rione Sanità, di cui il CED è parte operativa e strategica: succhi di mela, delicate composte di cipolla, grissini, salatini, lupini, babà, biscotti e cioccolatini dall’aspetto colorato e invitante. “Alla faccia dell’aperitivo informale: quando arriverà la buonissima frittura della pizzeria Oliva non ci sarà scampo per nessuno”, pensa la mangiona che è in me. Da quel momento, scatta ufficialmente “L’operazione NLN”: iniziamo a spostare sedie, tavoli, tavolini, prima in orizzontale, poi in verticale, poi meno tavoli, poi sedie solo da un lato, sedie in cerchio; andiamo per tentativi accendendo lampade, sistemandole un po’ qui un po’ lì, mentre Davide scrive con il gesso sulla parete-lavagna la scritta “La Notte del Lavoro Narrato”.

Dopo diversi esperimenti geometrici, tutto sembra trovare il posto giusto: la luce calda delle lampade e la disposizione circolare delle sedute rende il tutto ancora più accogliente, quasi come fosse una festa in casa di vecchi amici. Le leccornie hanno trovato asilo nella zona biblioteca − la prima della Sanità, che accoglie fumetti e libri donati liberamente all’associazione – in attesa di essere portate agli ospiti man mano e offerte in cerchio, durante lo svolgersi dell’evento. Parlare in quello spazio contenuto, confrontarsi sulle sfide e i bisogni del territorio, condividere le difficoltà e la complessità del quartiere, sarà più facile. La vista del basso e di quell’angolo così allestito, tra cibo e fumetti donati con il cuore, mi fa sorridere di un piacere quasi infantile, genuino.

In questo clima di fermento organizzativo e con il tempo ormai tiranno, Gianluigi e io abbiamo giusto il tempo per una prova lettura con l’accompagnamento acustico della sua chitarra. Sento salire l’ansia da prestazione, come spesso accade in caso di esibizioni faccia a faccia con il pubblico; confido di non sbagliare, di dare giusta voce alle testimonianze di vita e lavoro che dovrò interpretare. Di fare bene anche il mio, di lavoro. Ci raggiunge Valeria, la delicata voce della serata, e dopo non molto i primi invitati varcano la soglia del basso aperto sulla strada, pronto ad accogliere e mostrarsi a chiunque passi di lì. In mezz’ora o poco più Salita Cinesi 1, al calare di una notte che sembra avere un gusto diverso dal solito, si riempie di persone, amici, musica, parole, risate, cibo, racconti di lavoro e di un quartiere che ha voglia di mettersi all’opera.

“Ci si chiede se è realistico immaginare che in un contesto così le persone si riuniscano, facciano fronte comune, riprendano nelle proprie mani il loro destino. Bisogna abbattere questa diffidenza che accomuna gente comune e istituzioni, occorre invertire la tendenza”

 

Tutta l’ansia provata poco prima si scioglie: alla lettura del primo brano le parole scivolano via e mi sento in pace, parte di una storia già in atto e che continuerà dopo questa Notte, con altri protagonisti. Si alternano letture, canzoni e testimonianze a tu per tu con gli ospiti e gli operatori del Progetto, che ci permettono di capire bene l’essenza del microcredito: dare credito, in tutti i sensi, alle persone; aprire la strada a progetti e idee che senza una spinta iniziale, un supporto umano e fiduciario, prima ancora che economico, non potrebbero vedersi realizzati; soprattutto, provare a costruire alternative proprio là dove è difficile immaginarle. Quelle alternative di sviluppo, sostenibilità, cambiamento sociale e crescita economica che sono il fulcro dell’operato del CED, che partono dal dato qualitativo prima che quantitativo. Un ingranaggio che ci tiene tutti lì, in cerchio, uniti nella condivisione di tante esperienze e provenienze diverse, ma che alla fine ci hanno condotto in quel basso riqualificato perché tutti potessero ascoltare, sentire, trarre ispirazione e conforto per continuare a portare avanti ognuno il proprio lavoro, la propria missione. E le parole dei due racconti tratti dal libro “Rione Sanità: storie di ordinario coraggio e di straordinaria umanità” − La casa nel campanile – Padre Alex Zanotelli e Il blog del Rione Sanità – Antonio Caiafa − si fondono con quelle pronunciate in diretta, come in un’unica storia:

 

“Le alternative: è su questo che bisogna lavorare. È per questo che è nata la Rete, è per questo che sono nato io, Quartiere Sanità, il blog del rione Sanità. Altrimenti, chi lo dice che è nato il microcredito nella Sanità e che ogni giovedì ci sono delle persone che accolgono i piccoli commercianti che hanno intenzione di ampliare la propria attività, di fare un progetto?” Il blog del Rione Sanità

“Sì, padre Alex conta anche sulla tradizione quando dice che, se questa gente viene messa in condizione di rimettersi in gioco anche a livello lavorativo, se gli si dà l’opportunità di ritrovare nel lavoro la possibilità di vivere con dignità, il rione può tornare a vivere.” La casa nel campanile

Ciro Oliva, quindici anni.

“Il nostro lavoro si fa con passione e amore. Quindi, chi non è appassionato per il nostro lavoro, è inutile che lo faccia. Certo, ci affatichiamo, però ci divertiamo.” Ciro Oliva

“Non è normale che a quest’ora un ambiente pubblico sia aperto non per ubriacarci, non per drogarci, ma per riflettere sulla vita, sui problemi della gente. È una seconda rivoluzione. Mi pare che sia la prima volta che ci riuniamo di sera, con la porta aperta, a ragionare su cose essenziali, fare un discorso profondo: non è comune a quest’ora.” Suor Lucia Sacchetti

“Dovremmo ricostruire la dignità, la storia di queste persone: perché solo chi si sente parte, chi sente che sta costruendo e sta facendo qualcosa, riesce a riconoscere la propria vita, i propri sentimenti.” Antonio Caiafa

“C’è anche questo concetto, il “saper mangiare”: mangiando bene, uno si nutre delle cose di cui ha bisogno per poter andare avanti.” Roberto Frattini

“La narrazione che apre il futuro: mettere in piedi un progetto capace di entrare dentro le maglie della società, è creare lavoro. Il lavoro va creato, non va atteso o sperato. La logica del microcredito è esattamente questa, cioè venire incontro: creare le condizioni perché un’idea buona, un progetto interessante, un bisogno (nel senso alto del termine) di una comunità possa essere messo in atto e quindi avere due effetti collegati: allargando la cerchia e la dinamica del lavoro, si creano le condizioni per creare altro lavoro.” Sergio Sorrentino

“Il lavoro di Banca Etica è proprio quello di promuovere lo sviluppo del territorio, costruire alternative: dare la possibilità, anche a chi non ha l’opportunità di accedere al credito, di avere l’occasione di poter vedere i propri sogni realizzati.” Maria Laura Mazza

 “Il fatto è che noi siamo stati chiamati, tramite Padre Alex, a cambiare il nostro atteggiamento. E sicuramente in ognuno di noi è cambiato anche il “noi stesso”, perché si vede il mondo in un modo diverso: la missione non è solamente sul territorio, è prima di tutto su di noi. Siamo noi che dobbiamo interpretare meglio il suo dogma, le sue parole.” Lucio Desiderio

 

Davide, Suor Lucia, Ciro, Antonio, Roberto, Ginevra; e ancora, Tiziana, Sergio, Maria Laura, Antonio e Lucio. Insieme a noi membri del CED: Andrea, Gianluigi, Andrea, Rosa, Valeria, oltre che la sottoscritta. Persone, vite, esperienze diverse che vanno a creare una storia unica di lavoro, ma anche di dignità e coraggio. La serata e le ore scorrono via piacevoli, tra musica, canzoni e cibo eccellente: il condimento giusto per questa Notte dedicata al microcredito, che nella sua semplicità è uscita dal tracciato e da quanto io stessa mi aspettassi.

 

Torno a casa che è mezzanotte passata. Domattina ho il matrimonio di una cara amica e sono pure la testimone. Mi chiedo con che faccia mi alzerò con così poche ore di sonno, ma in fin dei conti poco importa. Di questa Notte porto con me i racconti, le vite, i sentimenti, le sensazioni, gli odori e i sapori; tutte quelle piccole impressioni che ho cercato, al meglio di ciò che la scrittura permette, di fissare in questa personale “Cronaca di una Notte Narrata”. Ma non solo questo.

Guardo il fumetto di “Lo chiamavano Jeeg Robot” gentilmente preso in prestito dalla biblioteca, su cui i miei avidi occhi si erano posati dall’inizio della serata: una promessa a tornare a Salita Cinesi 1, per portare in cambio e condividere a mia volta quei fumetti che tanto mi hanno appassionato, perché altri ragazzi e bambini possano fare lo stesso. Non credo nel caso, e mi piace pensare che questo fumetto fosse lì per qualche motivo, forse per ispirarmi un pensiero che racchiudesse un po’ tutta questa serata.

Forse non abbiamo bisogno di eroi da fumetto, di qualcuno con poteri sovrumani che ci salvi: dobbiamo essere noi i nostri eroi, persone comuni che vanno al fondo delle cose e non restano in superficie, cambiano le proprie abitudini, aprono gli occhi a nuove prospettive; persone che abbracciano quello che non conoscono e accolgono anche quelle esperienze votate, secondo la facile e caustica opinione dei più, al fallimento annunciato. Persone comuni che danno credito alla vita e agli altri, nel senso ampio e alto del termine, come ci insegnano il Progetto e tutti i suoi operatori. Persone che credono in un futuro diverso, nuovi modi di intendere l’economia e lo sviluppo economico e sociale dei quartieri e delle città, come i membri del Center for Economic Development & Social Change. Certo, questi buoni propositi sono gocce in un oceano rispetto al lavoro che va affrontato, e in un’epoca come quella che stiamo vivendo; ma in fondo, com’è stato detto durante il corso della serata, “anche un oceano è composto dall’unione di tante, singole gocce”.

“In questi anni due cose le ho capite: la prima è che qui ci stanno assieme tante cose belle e tante cose brutte, che la parola giusta è «complessità», e che se vuoi fare qualcosa, qualunque cosa, non puoi fermarti alla superficie” Il blog del Rione Sanità

About Chiara Esposito

Collabora per la Redazione del Center for Economic Development & Social Change, Sezione Editing & Revisione. Laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”, è specializzata in editoria, editing, copywriting e ufficio stampa. Ha lavorato come consulente editoriale presso service editoriali; inoltre, lavora per produzioni teatrali e televisive nazionali come attrice e ballerina professionista.

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