Otto scenari per il futuro dell’Italia nel contesto internazionale

Donato Speroni

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Ce la faremo? Occupandomi spesso dei “futuri possibili” e avendo scritto tre anni fa con Gianluca Comin un libro sui prossimi vent’anni – 2030: la tempesta perfetta – ogni tanto mi viene  rivolta questa domanda. Ovviamente non ho la sfera di cristallo; posso solo cercare di ragionare sui possibili scenari. Cerchiamo di definire meglio la questione. Soggetto: noi italiani. Forma verbale: per “farcela” intendiamo una evoluzione della situazione attuale che ci consenta di superare la crisi economica e aumentare il “benessere equo e sostenibile” della collettività. Restringiamo anche il tempo della previsione: che cosa può succedere da qui al 2020? A mio giudizio la risposta va affrontata su tre piani: il Pianeta, l’Europa e l’Italia.

Cominciamo dal Mondo. A mio avviso, la “tempesta perfetta” che il capo dei consulenti scientifici del governo inglese Sir John Beddington profetizzò (nel 2009) come inevitabile entro il 2030, in realtà è già cominciata: dallo scatenarsi dei nazionalismi e dei fanatismi religiosi all’aumento delle diseguaglianze e delle tensioni sociali, dai fenomeni metereologici estremi dovuti al cambiamento del clima all’esplosione di pandemie come Ebola, le conseguenze di un mondo che manca di strutture in grado di governare adeguatamente i fenomeni internazionali possono essere disastrose, con scenari che vanno dalla catastrofe globale  a un generale declino  (tranne forse per pochi privilegiati) nell’impoverimento e nello squallore.

Non è detto però che debba essere così. Il 2015 sarà l’anno nel quale le Nazioni Unite definiranno i nuovi obiettivi del mondo dal 2016 al 2030. L’esperienza dei precedenti Millennium Development Goals dal 2000 al 2015, raggiunti solo in parte, dovrebbe far sì che i nuovi Sustainable Development Goals impegnino maggiormente le nazioni a collaborare tra loro: in questo senso si sta lavorando. L’anno in corso sarà anche caratterizzato da importanti conferenze internazionali, da quella di Addis Abeba sul finanziamento dello sviluppo a quella di Parigi sul clima, che potrebbero segnare una svolta importante nel modo di governare il futuro del Pianeta.

Vediamo l’Europa. Sotto molti aspetti è il vaso di coccio del mondo: incapace di esprimere una propria politica internazionale anche di fronte a una minaccia concreta come il revanscismo di Putin, ancorata a regole economiche stupide che le impediscono di crescere e a politiche comunitarie miopi e senza visione, con una moneta tuttora a rischio di collasso, con potenti forze centrifughe che potrebbero scatenare un effetto domino a partire dalla fragilissima Grecia. Una popolazione sempre più vecchia, forti pressioni migratorie senza una linea chiara per affrontarle, ampi settori della popolazione scontenti e desiderosi di trovare un capro espiatorio: Bruxelles, l’euro, gli immigrati.

Però l’Europa è comunque il centro geopolitico del Pianeta (se non altro per una questione di fusi orari), ne custodisce gran parte delle radici culturali, è all’avanguardia nelle pur costose “buone pratiche” in materia di welfare e di lotta all’inquinamento. La grande crisi che l’Unione Europea sta vivendo potrebbe essere lo stimolo per una svolta verso una Europa federale, con effettiva delega a un governo democratico europeo, come auspicato tra gli altri da Emma Bonino, da Giuliano Amato e di recente da Eugenio Scalfari, che hanno posto in netta contrapposizione la prospettiva europea e i miopi egoismi nazionali. Sembra un’utopia, ma spesso le circostanze consentono quei salti che fino a pochi mesi prima parevano impossibili: si pensi alla caduta del muro di Berlino 25 anni fa.

E l’Italia? Come ha scritto il direttore del Sole 24Ore Roberto Napoletano, è diventata “più piccola e sempre più diseguale”, con minore capacità di produrre ricchezza, una popolazione sfiduciata e una classe dirigente in larga misura arroccata nei suoi privilegi. Il Mezzogiorno, non dimentichiamolo, sta vivendo in modo devastante l’impatto della crisi, che provoca l’aumento della povertà è l’esodo di molti dei suoi giovani migliori. Viviamo in un Paese diviso, senza una legge elettorale praticabile, con un Parlamento screditato, con un dialogo politico fatto più di insulti e frasi a effetto che di analisi e proposte.

Gli esiti delle crisi in Italia, in Europa e nel Mondo si possono schematizzare in otto diversi scenari, dal più ottimista (il mondo trova forme di collaborazione per affrontare i problemi globali, l’Europa gioca la sua parte e l’Italia supera la crisi) al peggiore, che prevede la disgregazione totale. Ma potrebbe anche accadere che l’Italia “se la cavi” senza poter puntare sull’Europa, o che l’Europa impegnata nella competizione mondiale abbandoni l’Italia considerando lo Stivale (o parte di esso) una zavorra. Oppure, che ci si debba preparare, da soli o con tutto il Vecchio continente, per affrontare i tempi duri di un Pianeta destinato a cambiare profondamente a causa  dell’incapacità degli Stati di trovare punti di convergenza.

Ho esposto queste considerazioni su Numerus, il mio blog sul sito del Corriere della Sera, attribuendo un 50% agli esiti positivi per l’Italia, l’Europa e il Mondo. Già così, un semplice calcolo aritmetico ci mostra che lo scenario migliore derivante dalla combinazione positiva dei tre sbocchi raggiungeva soltanto il 12,5% di probabilità. Ma che cosa pensa davvero del futuro la gente che ci sta attorno? Attraverso Facebook, ho provato a consultare un po’ di amici, ponendo queste tre domande con orizzonte 2020:

  1. nel Mondo, la tendenza verso una progressiva ingovernabilità dei fenomeni globali verrà corretta dagli accordi tra gli Stati?
  2. L’Europa riuscirà a darsi forme di governo più efficienti che consentano a questo continente di affrontare adeguatamente le sfide del futuro?
  3. L’Italia riuscirà a correggere i suoi mali collettivi e a diventare un Paese più unito, più onesto e più giusto, tutelando il benessere collettivo?

Sul mio sito donatosperoni.it è ancora possibile elaborare le proprie risposte e vedere le percentuali che ne derivano su un foglio Excel. Intanto, ho elaborato le risposte (circa 30) che ho ricevuto e ho pubblicato i risultati.  È ovvio che non si tratta di un sondaggio che ha rilevanza statistica, ma comunque mi ha fatto riflettere, perché porta a conclusioni preoccupanti. Tra le risposte ottenute, la media delle percentuali positive è la seguente:

A: 43; B: 53; C: 32.

In pratica, l’Europa è vista come l’unico possibile ancoraggio per un’Italia che continuerà ad andar male e per un Mondo che andrà malissimo.

Incrociando le probabilità medie dei tre scenari ho ricavato questo schema, dove ovviamente le frecce verso l’alto indicano esiti positivi e le frecce verso il basso mostrano esiti negativi.

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Agli otto scenari ho anche cercato di dare una interpretazione. Ve li presento in ordine di probabilità:

Sprofondati nel Mediterraneo: 20,5%

Nel caos mondiale, l’Europa ha trovato una propria identità. Però la sfida è troppo difficile, è necessario abbandonare la zavorra. Così l’Italia, con altri Paesi deboli del Sud Europa, sono lasciati al loro destino, più vicini ormai all’Africa che alla Germania. Oppure il Paese si spacca: l’Europa del Nord salva l’Italia del Nord e lascia affondare il resto.

Si salvi chi può: 18,2%

La “tempesta perfetta” non risparmia nessuno. Ogni Paese pensa a se stesso, diverse nazioni si dividono, le ideologie estreme prevalgono e tutti cercano di arrangiarsi. È lo scenario peggiore, quello che nel quale l’irrisolta ed eterna crisi italiana non ha nessun ancoraggio per “cambiar verso”. I giovani se ne vanno a cercare fortuna altrove, ammesso che esista ancora un ‘altrove’ dove si vive meglio.

La Germania decide per noi: 15,5%

Sia il Mondo che l’Europa hanno fatto progressi importanti. L’Italia invece no, non ha saputo rinnovare la sua classe dirigente, ridurre il divario tra nord e sud, combattere la corruzione. Per fortuna i popoli forti d’Europa a cominciare dai tedeschi hanno fatto quattro calcoli e hanno deciso che non conviene lasciarci alla deriva, anche perché amano troppo la Toscana e le altre meraviglie d’Italia. Infatti se la stanno comprando pezzo per pezzo.

Nelle mani dei cinesi: 13,7%

Il Mondo fa progressi, Stati Uniti, Cina e altri Paesi emergenti hanno raggiunto accordi significativi, ma l’Europa è praticamente scomparsa. Di fatto non esiste più come entità politica comune, perché ciascun Paese preferisce “far da sé”. L’Italia è debole, sempre meno attrezzata per competere nel contesto internazionale. Merci e servizi vengono ormai dal resto del mondo; per ottenere credito abbiamo dovuto dare in garanzia e in gestione alla Cina o ad altri Stati emergenti gran parte del nostro patrimonio archeologico, a cominciare dai Fori e dal Colosseo.

Gioco duro in un mondo diviso: 9,7%

I tentativi di costruire una governance internazionale sono falliti. Il mondo si divide in aree di influenza che marcano le loro differenze ideologiche, religiose, culturali. Sui problemi del clima si procede in ordine sparso. È fallito il tentativo di mitigare l’aumento delle temperature, e tutti i Paesi fanno grandi investimenti (se possono) per adattarsi a un Pianeta che diventerà diverso da quello che abbiamo conosciuto. L’Europa però gioca alla pari con le altre grandi potenze grazie a una effettiva unità politica e l’Italia fa la sua parte, in un continente che cerca di non essere travolto dal caos mondiale, dal terrorismo, da gigantesche migrazioni.

Un’Italia orgogliosa ma affaticata: 8,6%

Sembra strano, ma l’Italia, grazie alla creatività dei suoi abitanti, è diventata un punto di riferimento nella disgregazione dell’ordine mondiale e delle relazioni europee. È rispettata, talvolta invidiata, riesce a tutelare una accettabile qualità della vita. Però tutto questo costa una gran fatica, la pressione migratoria è fortissima e la gente è preoccupata per il futuro, perché comprende che si tratta di un equilibrio instabile.

Il migliore dei mondi possibili: 7,3%

Il Mondo è diventato un luogo più ordinato, grazie alla collaborazione internazionale, favorita anche dalla pressione “dal basso” dei popoli che soprattutto grazie alla Rete tendono ad avere valori comuni. L’Europa ha trovato un nuovo equilibrio tra poteri federali e Stati nazionali; è in grado di contare davvero sulla scena internazionale, con moneta affidabile e una crescita “inclusiva e sostenibile”. Anche l’Italia ha davvero “cambiato verso”. Le riforme essenziali sono state fatte, la corruzione debellata o comunque contenuta. La gente è più soddisfatta, c’è meno povertà, anche il Sud offre nuove prospettive. Insomma, è lo scenario che tutti noi vorremmo.

L’Italia affronta da sola la sfida mondiale: 6,5%

Il Mondo ha avviato a soluzione molti problemi globali, ma l’Europa non è riuscita a darsi una politica comune. Germania, Francia e Gran Bretagna procedono in ordine sparso. L’Italia però, con un “colpo di reni”, è riuscita a riformare le sue istituzioni e a difendere il suo ruolo nel contesto internazionale. È solo una potenza medio – piccola, ma la creatività italiana, la valorizzazione del turismo e una nuova generazione di giovani venuti alla ribalta riescono comunque a preservare il benessere economico del Paese.

Sottolineo ancora che lo scenario “Sprofondati nel Mediterraneo”, quello che vede l’Italia o forse una parte di essa allontanarsi dall’Europa perché non riesce a tenerne il passo, in un Mondo sempre più difficile, è visto come quello più probabile, con il 20,5% delle possibilità. Lo scenario totalmente positivo (“Il migliore dei mondi possibili”) arriva soltanto al 6,3%.

È ovvio che questi scenari sono tutti opinabili e che la realtà non coinciderà esattamente con alcuno di essi. Penso però che possano darci un’idea di quello che ci aspetta e fornirci qualche coordinata per orientare al meglio la nostra azione collettiva per favorire gli sbocchi più positivi. Qualcuno si chiederà anche se le frecce del grafico, anziché salire o scendere, non possano indicare una situazione stabile, restando orizzontali. Personalmente non lo credo: Italia, Europa e Mondo (nel senso della collaborazione internazionale per prevenire le crisi globali) sono oggi comunque in crisi, per cui una situazione immutata equivarrebbe a un esito negativo.

Il gioco delle probabilità serve anche a riflettere sulle aspettative che ci circondano, quando si guarda ai prossimi anni. Le prospettive non sono favorevoli, ma il pessimismo non aiuta. La Storia ha visto popoli trionfare anche su scommesse più difficili. Auguri dunque a tutti gli uomini di buona volontà e ancora di più alle donne, che in queste grandi sfide hanno un ruolo crescente, quasi sempre positivo.

 

Articolo reperibile su Futuri magazine, Italian Institute for the Future.

 

About Donato Speroni

È docente di Economia e Statistica all’Istituto per la Formazione al Giornalismo dell’Università di Urbino e collaboratore del Corriere della Sera, dove cura il blog “Numerus”. All’attività giornalistica ha affiancato quella di responsabile della comunicazione per enti e aziende, tra le quali Montedison, Eni e ISTAT.

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