l social business come investimento per la sostenibilità: ce lo spiega Mohammed Yunus, Premio Nobel per la pace

Daniela Finamore

Che cos’è il social business, quali sono le sue prospettive, il suo ruolo nel settore agroalimentare e per il raggiungimento dei nuovi Obiettivi di sviluppo sostenibile: una panoramica sul modo sostenibile di fare impresa è stata presentata il 10 Maggio alla FAO da Mohammed Yunus, Premio Nobel per la Pace 2006, che abbiamo avuto il piacere di ascoltare assieme ad altri relatori di spicco del mondo istituzionale, finanziario, imprenditoriale e della società civile.

Fonte: Griffith University

“Social business for zero hunger”: questo il nome attribuito alla giornata dedicata all’impresa sociale organizzata da Social Business Italia. I lavori sono stati inaugurati dal Direttore della FAO Josè Graziano Da Silva, che da subito ha esordito con un pronto riferimento ai nuovi obiettivi dell’Agenda 2030, in particolar modo al numero due relativo allo sradicamento della fame. Si tratta di un obiettivo ambizioso, che richiede un grande sforzo di collaborazione e cooperazione tra una serie di attori rappresentanti dei vari settori della società: con l’aiuto di strumenti innovativi come il social business, e grazie ai giusti investimenti nelle attività produttive, è possibile affrontare in maniera sostenibile e risolvere alcune gravi questioni sociali che sono oggetto delle grandi politiche internazionali.

Con l’aiuto di strumenti innovativi come il social business, e grazie ai giusti investimenti nelle attività produttive, è possibile affrontare in maniera sostenibile e risolvere alcune gravi questioni sociali che sono oggetto delle grandi politiche internazionali.”

Tra i relatori, in rappresentanza del Governo Italiano è intervenuto Maurizio Martina, Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, il quale ha sottolineato l’impegno dell’Italia in termini di progettualità legate al social business e alla responsabilità sociale d’impresa. Progettualità che hanno trovato una propria concretezza nella legge sull’agricoltura sociale, la quale permette non solo di coinvolgere soggetti che soffrono l’esclusione sociale, ma anche di creare interconnessione tra le grandi aziende e il capillare settore delle piccole e medie imprese. Dopo che il Ministro ha rilevato le potenzialità del social business anche in termini di cooperazione allo sviluppo, Marina Sereni − Vicepresidente Camera dei Deputati − ha presentato un breve excursus sul disequilibrio delle risorse alimentari caratterizzanti l’attuale sistema mondiale, sottolineando come l’impresa sociale, allo stato attuale, possa fare da traino al cambiamento e alle trasformazioni necessarie alla creazione di un sistema di offerta agroalimentare che abbia un elevato valore economico e sociale. Altrettanto importante l’intervento di Dino Scanavino, Presidente della Confederazione Italiana Agricoltori, che nel riportare il punto di vista degli agricoltori italiani ha posto l’accento su cinque punti fondamentali: equilibrio, ambiente, responsabilità, capacità di adattamento e biodiversità.

Fonte: Griffith University

Muhammad Yunus, premio Nobel per la Pace 2006 e padre del microcredito, nel suo brillante discorso ha voluto spiegare il vero senso del social business. Lo scopo del social business è di risolvere problemi; non parliamo né di charity né di puro profit, ma di investimenti. Con l’impresa sociale i ricavi sono utilizzati per alimentare l’investimento, garantirne la sostenibilità e migliorare la sua efficacia di risoluzione del problema.

Il social business è un problem-solving system il cui scopo non è produrre profitto, ma risolvere un problema di carattere sociale garantendo la sostenibilità dell’investimento pensato per la risoluzione.

Un sistema che può essere applicato alle piccole imprese, ma non solo: in Bangladesh, la Danone opera come social business, e ha creato un social business fund. Innovazione e creatività sono il cuore del social business, un sistema in cui non c’è competitività tra i diversi soggetti impegnati nello stesso settore e non sussistono questioni di tutela dei diritti di proprietà intellettuale, ma la vera priorità è favorire la collaborazione tra i soggetti, la condivisione di best practices e conoscenze. Yunus ha poi evidenziato il ruolo chiave svolto dai giovani nello sviluppo dell’impresa sociale, giovani che devono essere problem solver e creatori di lavoro, ma che per fare questo hanno bisogno di un contesto favorevole e strumenti idonei per sentirsi appieno imprenditori. Infine, evidenziando come il social business permetta di creare coesione sociale e una “naturale zona demilitarizzata”, il Premio Nobel ha posto l’accento su come lo sradicamento della fame e della povertà sia un obiettivo raggiungibile con l’impresa sociale se tutti gli attori coinvolti agiscono insieme e in modo armonico.

I panel della giornata hanno visto alternarsi relatori illustri del mondo imprenditoriale e finanziario, che hanno presentato best practices in tema di social business. Nel primo caso, tra i vari rappresentanti di imprese multinazionali ha preso spazio l’intervento di noti esponenti del settore agroalimentare italiano come Ferrero e Granarolo, che oltre ad essere i fiori all’occhiello del made in Italy all’estero sono impegnati con diversi investimenti di social business in paesi meno avanzati. Anche il secondo panel incentrato sul ruolo della finanza − moderato dalla Presidente di Human Foundation, Giovanna Melandri − ha fornito una prospettiva internazionale e italiana sul social business; da quest’ultimo punto di vista, davvero interessanti si sono rivelati gli interventi dei rappresentanti di UNIPOL, gruppo finanziario tra i promotori dell’Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile, e di Banca Popolare Etica, istituto bancario unico nel suo genere in termini di trasparenza e valutazione non economica dell’agire economico.

Nel pomeriggio, il tema dell’impresa sociale è stato affrontato in relazione a specifiche tematiche − agricoltura, acqua, energia, cambiamento climatico, microcredito − e Fabio Moschella, Presidente del Consorzio di Tutela del Limone di Siracusa IGP, ha presentato un caso davvero interessante in termini di valorizzazione e rinascita del territorio. Dagli anni Novanta, in un contesto caratterizzato da crisi di mercato per la limonicoltura, difficoltà di accesso al credito, presenza criminale nelle dinamiche di mercato e polverizzazione dell’offerta, attraverso il consorzio dei produttori di limoni si è riusciti a costruire, nel Siracusano, il sentimento di una comunità di interessi tra gli agricoltori. Ricostruita la base di coesione sociale, è iniziato un lungo processo di valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti che ha condotto al riconoscimento UE con identificazione geografica protetta e a molti altri processi di rilancio economico, sociale e culturale del limone siracusano.

Il messaggio lanciato da Yunus, e che ha guidato tutti i lavori della giornata, è che il social business può essere veramente un modo nuovo di fare impresa, attraverso cui poter affrontare le sfide globali che ci attendono nei prossimi anni. Fondamentale, il tal senso, è continuare a creare momenti di scambio, di diffusione di conoscenze e di best practices, qual è stata l’iniziativa Social business for 0 hunger: per condividere delle strategie comuni, e rafforzare e valorizzare l’impegno di ogni attore che agisce individualmente − o collettivamente − per la costruzione di un futuro più equo.

 

About Daniela Finamore

Policy Officer per la FOCSIV – Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario, dove svolge attività di policy, lobbying e campagne sulla questione dei cambiamenti climatici da oltre un anno. Ha un master di II livello in Economia dello Sviluppo e Cooperazione Internazionale. Laureata Magistrale in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, si è specializzata sui temi dello sviluppo, della politica agricola internazionale e della sicurezza alimentare. Premiata nel 2014 come “Laureato Eccellente" dell’Università di Roma "La Sapienza".

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