COP21: un falso ottimismo?

Daniela Finamore

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Qualche aggiornamento dalla nostra ricercatrice Daniela Finamore, presente al vertice di Parigi per seguire i negoziati sul cambiamento climatico.

 

Parigi – Malgrado un diffuso ottimismo su un’intesa globale, l’intesa finale sul cambiamento climatico resta ancora un obiettivo lontano. Quella che emerge è una situazione blindata sull’accordo, caratterizzata da decisioni finali prese a porte chiuse, assunte con poca trasparenza, che portano a una grande incertezza persino sulla data nella quale dovrebbe essere trovato l’accordo finale. Quello che è certo è che il testo che dovrà essere sottoposto all’approvazione degli stati membri è in piena fase di discussione e che i lavori si chiuderanno presumibilmente nella giornata di lunedì.

I negoziati sul documento finale sono stati capaci di portare a una riduzione del testo dalle 1600 opzioni iniziali alle circa 300 attuali. Tra le alternative più delicate che sono in fase di definizione emerge la soglia da stabilire come limite di riscaldamento globale tollerabile, inteso come riscaldamento rispetto ai livelli della temperatura mondiale del periodo pre-industriale: 2 o 1,5 gradi, laddove nella bozza si parla di un livello “ben al di sotto dei 2 gradi compiendo gli sforzi possibili per raggiungere gli 1,5”. La soglia di 1,5 gradi è stata fortemente voluta dai piccoli stati insulari e da altri paesi maggiormente vulnerabili.

In ogni caso, sebbene si sia arrivati a un consenso sul fatto che l’accordo includerà dichiarazioni sulla riduzione di tonnellate di gas serra che verranno recepite, i rappresentanti degli stati membri presenti a COP21 sono consapevoli del fatto che manchino 12 miliardi di tonnellate per la riduzione delle emissioni di gas serra da parte degli stati entro il 2030 per poter raggiungere i 2 gradi stabiliti nell’articolo dell’accordo dedicato all’obiettivo. Questo è dovuto al fatto che con le attuali dichiarazioni d’intenti si arriverebbe attorno ai 3 gradi, mentre la soglia dell’1,5 imporrebbe un cambiamento radicale nel consumo energetico: diventerebbe necessario il totale abbandono dell’uso dei combustibili fossili entro il 2030, una strategia che oggi risulta inattuabile. In effetti, dai dibattiti emerge un forte disaccordo su questo tema, che contrappone i paesi arabi − possessori di risorse petrolifere e detrattori della conversione verso le energie rinnovabili − ai paesi che, invece, sostengono una svolta definitiva verso l’abbandono dei vecchi metodi di approvvigionamento energetico. Il nodo resta trovare soluzioni all’immobilismo del blocco di paesi contrari a negoziare sul tema, dal momento che tale posizione non consentirebbe di sorpassare le attuali dichiarazioni che implicano una soglia superiore ai 3 gradi.

 

 I rappresentanti degli stati membri presenti a COP21 sono consapevoli del fatto che manchino 12 miliardi di tonnellate per la riduzione delle emissioni di gas serra da parte degli stati entro il 2030 per poter raggiungere i 2 gradi stabiliti nell’articolo dell’accordo dedicato all’obiettivo.

 

 

Altri punti della bozza, reputati di fondamentale importanza alla vigilia dell’apertura dei lavori, sono il riconoscimento della responsabilità comune ma differenziata, punto che è stato eliminato, mentre è stato riconosciuto il principio di equità intergenerazionale, al quale è stata dedicata una sezione dell’accordo. Altro nodo cruciale a essere eliminato è stato il riferimento all’anno 2050 nell’articolo relativo alla mitigazione, così come è stato cancellato l’obbligo per i paesi industrializzati di farsi carico di tutti i costi per misure di mitigazione in supporto dei paesi in via di sviluppo. Ha destato non poche perplessità il dibattito sulla possibile eliminazione del capitolo dedicato alla tutela dei diritti umani legati ai cambiamenti climatici, reintrodotto proprio nella giornata di venerdì. Tuttavia, è evidente come si faccia riferimento ai diritti umani unicamente nel preambolo dell’accordo, laddove tale tema risulta estromesso dal capitolo inerente l’obiettivo della temperatura. Infine, per quel che riguarda la finanza, è stato stabilito che i paesi industrializzati dovranno assumersi la leadership nella mobilitazione delle risorse, soprattutto traendo queste risorse da fondi pubblici, partendo da un fondo base di 100 miliardi di dollari.

Tra i numerosi dibattiti emersi nei side event della giornata di venerdì, va segnalata la discussione sul tema delle abitudini alimentari, che pongono al centro il consumo di carne, la cui riduzione del 30% − prendendo in considerazione solo l’Unione Europea − implicherebbe una riduzione delle emissioni che andrebbe oltre il 15% di quanto già l’UE si è impegnata a ridurre con il Protocollo di Kyoto. In ogni caso va specificato che il tema della sicurezza alimentare è stato colpevolmente ignorato nell’elaborazione dell’accordo.

 

Continuate a seguire la pagina web e i social del CED per i prossimi aggiornamenti su COP21 in diretta da Parigi!

 

Per approfondire

Al via COP21, vertice internazionale sui cambiamenti climatici

COP 21 e “Climate Finance”

About Daniela Finamore

Policy Officer per la FOCSIV – Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario, dove svolge attività di policy, lobbying e campagne sulla questione dei cambiamenti climatici da oltre un anno. Ha un master di II livello in Economia dello Sviluppo e Cooperazione Internazionale. Laureata Magistrale in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, si è specializzata sui temi dello sviluppo, della politica agricola internazionale e della sicurezza alimentare. Premiata nel 2014 come “Laureato Eccellente" dell’Università di Roma "La Sapienza".

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