Il CED e la nuova strategia per lo sviluppo: scommettere su economia, ambiente, società e governance per sconfiggere la stagnazione

 

Venerdì scorso all’Università di Napoli “Suor Orsola Benincasa” si è concluso il Congresso Nazionale di Futurologia 2015. Si tratta dell’evento annuale dell’Italian Institute for the Future (IIF), pensato per discutere insieme ai principali esperti italiani di settore i temi di maggiore attualità legati agli scenari di prospettiva della politica, della scienza e dell’economia; si tiene ogni anno nel mese di novembre e i temi di ciascuna edizione sono selezionati in base alle attività annuali dell’IIF. Quest’anno si è parlato di automazione, diritto e società digitale, ma anche di cambiamenti climatici e demografici, spazio e sviluppo economico.

Tra gli ospiti dell’edizione 2015 Enrico Giovannini, già presidente dell’ISTAT e Ministro del Lavoro e Francesco Balletta, storico dell’economia; il presidente della Fondazione Ordine Commercialisti di Napoli Salvatore Tramontano e il professore Renato Briganti hanno tenuto a battesimo la presentazione del Center for Economic Development & Social Change (CED) dell’IIF. Il Centro nasce con il fine di contribuire all’affermazione dei moderni studi sul tema dello sviluppo economico, focalizzati in larga parte sul superamento della concezione di sviluppo come semplice sinonimo di crescita economica.

 

Salvatore Tramontano e il professore Renato Briganti hanno tenuto a battesimo la presentazione del Center for Economic Development & Social Change (CED) dell’IIF. Il Centro nasce con il fine di contribuire all’affermazione dei moderni studi sul tema dello sviluppo economico, focalizzati in larga parte sul superamento della concezione di sviluppo come semplice sinonimo di crescita economica.

 

La crescita economica, infatti, sempre più spesso è la protagonista del dibattito politico e mediatico, ma se da un lato viene misurata convenzionalmente dalla variazione del prodotto interno lordo, contemporaneamente stanno emergendo notevoli limiti e inefficienze connessi proprio alla definizione e alla misurazione strettamente quantitativa del PIL. Ne consegue una sempre maggiore presa di coscienza, sia di cittadini sia di consumatori, comunità locali e istituzioni politiche in generale, su questi temi. A tal proposito si evidenzia come si stiano sviluppando nuovi indici, certificazioni e buone pratiche che pongano sempre più attenzione oltre che alla misurazione della produzione, anche alla sostenibilità aziendale e alla responsabilità ambientale e sociale, nella sfera pubblica e privata dell’economia. Tutto ciò non solo per superare i limiti del PIL, ma anche − e soprattutto − per meglio rappresentare e comprendere la realtà economica, politica, ambientale e sociale che ci circonda.

Un nuovo approccio spinto dal crescente consenso e dall’interesse della comunità internazionale si basa sulla congiunzione tra economia (intesa come organizzazione di risorse scarse), ambiente (che indica tutto ciò che può influire direttamente o indirettamente sugli organismi), e società, quindi le relazioni tra gli individui, collegate dalla governance; tale approccio si espleta in modelli maggiormente centrati sulla persona e più attenti alle specificità locali. Un esempio sul campo, che mira a convergere in questa direzione, è il progetto MAFAP (Monitoring and Analysing Food and Agricultural Policies) della FAO (Food and Agriculture Organization), che monitora alimentazione e politiche agricole del continente Africano per sostenere lo sviluppo economico di queste zone, tra le più povere al mondo.

In qualità di consulente esterno per la FAO, ho avuto il piacere e l’onore di lavorare alla fase organizzativa del progetto che coinvolge parecchi Paesi Subsahariani occupandomi del Mozambico, uno degli stati più poveri al mondo per PIL pro-capite, ma che guadagnerebbe maggior dignità e diverse posizioni nel ranking mondiale se si considerassero variabili non strettamente economiche e si apprezzassero maggiormente elementi socio-culturali difficilmente monetizzatili.

Il MAFAP ha l’ambizione di suggerire ai policy-maker africani e ai loro maggiori partner economici le migliori possibili informazioni sull’impatto che politiche e investimenti hanno sull’agricoltura e la sicurezza alimentare, per tutelare il territorio, per stimolare la crescita interna e attrarre capitali dall’esterno. Per fare ciò analizza la catena del valore costruita da produttori, traders e consumatori e studia indicatori quantitativi che siano comparabili nello spazio e nel tempo, per facilitare il dialogo a livello inter-nazionale, regionale e locale.

L’obiettivo principale del progetto è la raccolta di dati policy-relevant, inclusi prezzi, costi di entrata nei mercati e spesa pubblica, per meglio supportare le politiche agricole e migliorare la qualità del cibo, e quindi il benessere degli abitanti. I principali strumenti utilizzati per svolgere questo lavoro, dal momento che non esistono data-base, archivi e serie storiche ben strutturate, sono le interviste e gli esperimenti sul campo.

Tuttavia, secondo noi, se da un lato occorre continuare in questa direzione, proprio alla luce dei primi obiettivi raggiunti, bisogna contemporaneamente integrare questa raccolta di dati meramente economici con sempre maggiori informazioni qualitative legate, per esempio, all’ambiente, alla cultura e alle tradizioni locali.

 

Secondo noi, se da un lato occorre continuare in questa direzione, proprio alla luce dei primi obiettivi raggiunti, bisogna contemporaneamente integrare questa raccolta di dati meramente economici con sempre maggiori informazioni qualitative legate, per esempio, all’ambiente, alla cultura e alle tradizioni locali.

 

Per risolvere questa stagnazione secolare che attanaglia le nostre economie, infatti, c’è bisogno di una prospettiva globale. In Europa, come in Africa, non si può parlare di sviluppo economico tralasciando lo sviluppo umano. Non si può considerare il lavoro come un mero costo, alla stregua del capitale: la dignità del lavoro, così come la sostenibilità aziendale e il rapporto tra ambiente, economica, società e politica dovrebbero diventare i pilastri su cui realizzare il futuro sviluppo economico.

Per vincere le sfide del domani bisogna dedicare già da oggi sempre maggiori sforzi, risorse e competenze alla ricerca scientifica e alla formazione personale e professionale. Questa è l’ambizione del CED: puntare sul rafforzamento e il miglioramento qualitativo del mercato del lavoro, delle attività produttive e della dimensione comunitaria, attraverso strumenti, come la microfinanza, fondamentali per l’impresa, le cooperative e l’innovazione sociale, con il fine di contribuire a una rinnovata definizione di sostenibilità e benessere. Questo è il primo passo utile per ragionare sugli scenari di lungo periodo, analizzare le politiche pubbliche, studiare e plasmare il domani che verrà in campo economico-sociale, scientifico e tecnologico.

 

Questa è l’ambizione del CED: puntare sul rafforzamento e il miglioramento qualitativo del mercato del lavoro, delle attività produttive e della dimensione comunitaria, attraverso strumenti, come la microfinanza, fondamentali per l’impresa, le cooperative e l’innovazione sociale, con il fine di contribuire a una rinnovata definizione di sostenibilità e benessere.

 

Per approfondire

FAO, MAFAP

 

Foto: “Green Globe In Child’s Hands” (CC BY-SA 4.0) by kenteegardin

About Cosimo Abbate

Consulente economico e finanziario, è Dottore di Ricerca in Scienze Economiche. Ha collaborato per la FAO, le Università “Parthenope” e “Federico II” di Napoli e l'Université de Lyon II, dove ha svolto il post-doc. I suoi temi di ricerca riguardano la Sostenibilità Economica e Agroalimentare, i Mercati Finanziari, la Finanza Comportamentale e le Asimmetrie Informative nel Mercato del Lavoro

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