La legge dello zero

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«Presi tutto il mio oro, lo cacciai nelle tasche, afferrai le banconote e mi precipitai a un altro tavolo. In una sala vicina, dove funzionava un’altra roulette». Sicuramente Aleksej, il giocatore di Dostoevskij, conosceva la legge dello zero, secondo cui il giocatore di roulette in media è destinato a perdere; ma, nonostante tale consapevolezza, non desisteva affatto dalla sua ossessione. Altrettanto sicuramente avrà pensato più volte a un meccanismo a metà tra lo scaramantico e l’empirico per evadere questa tassa e per prevedere su quale dei trentasette settori si sarebbe fermata la pallina in avorio della sua roulette.

Ci troviamo nella Russia di fine Ottocento e mentre uno dei più grandi romanzieri e pensatori di tutti i tempi completa il suo capolavoro che diventerà un punto di riferimento della narrativa Russa, un suo connazionale, Markov, noto per i suoi contributi alla teoria dei numeri, all’analisi matematica, al calcolo infinitesimale, alla teoria della probabilità e alla statistica, idea un particolare processo stocastico senza memoria. In tale processo, la probabilità di transizione che determina il passaggio da uno stato di sistema all’altro dipende unicamente dallo stato di sistema immediatamente precedente e non dal come si è giunti a tale stato; detta in altri termini, il tempo già trascorso non influenza la probabilità che l’evento si verifichi in qualunque istante successivo all’istante in cui è iniziata l’osservazione.

Se ci fossimo trovati anche noi in quel casinò della città termale di Roulettenburg, magari allo stesso tavolo di Aleksej, e avessimo voluto mettere alla prova i risultati di Markov, sarebbe bastato ripuntare sul numero appena uscito alla roulette senza porci ulteriori domande. Questo procedimento, che può sembrare tanto assurdo da avere la percezione che violi i principi della razionalità economica dell’homo economicus, è invece una metodologia molto utilizzata ancora oggi per scommettere sul futuro non di una pallina di avorio ma dell’andamento di prezzi, indici e tassi quotati. Poiché però non esiste una sfera magica che permetta di predire l’andamento del mercato futuro, la miglior previsione che si possa effettuare è aspettarsi per domani gli stessi risultati di oggi. In altri termini: il passato e il futuro sono tra loro indipendenti per ogni presente noto e fissato e tutto quello che occorre per prevedere il domani è disporre oggi di un set informativo sempre aggiornato.

Predire il futuro, infatti, è sempre stata un’ambizione non solo dell’uomo in generale, ma anche dell’economista in particolare, e tale ambizione è uno dei motori della ricerca scientifica. Ripercorriamone brevemente le tappe salienti. Gli stretti legami che avevano intrecciato economia e psicologia durante il periodo classico, in cui gli economisti si chiedevano come la società potesse progredire quando ogni individuo è libero di farsi guidare dal proprio interesse individuale, si sono allentati quando gli economisti iniziarono a distanziarsi dalla psicologia durante lo sviluppo dell’economia neoclassica, perché cercarono di riplasmare la disciplina come scienza naturale, con spiegazioni del comportamento economico dedotte da assunti fatti sulla natura degli agenti economici. Oggi si percepisce quasi un ritorno alle origini: infatti, la finanza comportamentale e l’economia comportamentale associano i fondamentali dell’economia e della finanza appunto all’ambito della psicologia cognitiva e alla comprensione delle decisioni economiche.

All’inizio, le teorie della finanza comportamentale e dell’economia comportamentale vennero sviluppate quasi esclusivamente partendo da osservazioni sperimentali e da risposte a sondaggi e questionari, anche se in anni più recenti i dati del mondo reale e le rilevazioni cliniche hanno assunto una posizione sempre più rilevante. Infatti la risonanza magnetica funzionale, che permette di mappare le aree cerebrali che si attivano durante l’esecuzione di un determinato compito, come parlare, muovere una mano, prendere una decisione, fare una previsione, è usata per determinare quelle aree del cervello sono attive durante i vari passi dei processi decisionali economici. Un filone di studi di economisti comportamentali e neuro-economisti studia l’atteggiamento dei soggetti economici nei confronti del rischio e la loro capacità di gestire l’incertezza delle scelte future.

A tal proposito, un’indagine di alcuni ricercatori dell’Università di Cambridge ha messo in evidenza come l’attività della corteccia prefrontale destra del cervello sia correlata con l’atteggiamento dei soggetti nei confronti del rischio e pertanto il loro comportamento in situazioni incerte. Knoch e Gianotti nel 2006 hanno dimostrato che stimolazioni magnetiche ripetute e concentrate sulla corteccia celebrale influiscono in maniera determinante in questa direzione, aprendo la strada ad ulteriori studi volti ad approfondire proprio queste tematiche. Esistono inoltre esperimenti che non solo analizzano i comportamenti dell’agente economico nello specifico utilizzando appunto analisi e questionari individuali, ma hanno una maggior visione di insieme, simulando situazioni di vita reale. Un esempio può essere l’analisi dei possibili scenari di mercato che in futuro si possono presentare, come l’andamento delle contrattazioni del mercato azionario e le aste. Tali simulazioni sono considerate particolarmente utili in quanto possono essere impiegate per ridurre l’incertezza circa i possibili stati di natura futuri.

Fare previsioni e analizzare la teoria delle decisioni in condizioni di incertezza integrando i risultati della ricerca psicologica e sociologica nella scienza economica sono i principali contributi del premio Nobel per l’economia a Daniel Kahneman nel 2002. Kahneman ha mostrato per la prima volta in modo davvero convincente, e inattaccabile, come i giudizi degli individui scaturiscano dell’azione di particolari meccanismi cognitivi come l’ancoraggio, la rappresentatività e la disponibilità, che dirigono e influenzano quasi tutte le nostre scelte. La disponibilità, ad esempio, è un’euristica descritta ampiamente dagli autori, utilizzata quando, nel fornire una stima riguardo al possibile accadere di eventi futuri, le persone utilizzano la loro esperienza relativa all’accadimento di quegli eventi in passato. Tuttavia, in queste occasioni, le informazioni che vengono recuperate dalla memoria non sono quelle con il potere informativo maggiore ma spesso sono quelle più vivide, sono cioè le informazioni alle quali l’individuo ha associato i connotati emotivi più forti. Ciò significa che eventi che si sono verificati più spesso nella vita di un individuo, o che lo hanno maggiormente impressionato, come per esempio i disastri naturali o particolari incidenti, tendono ad essere giudicati come più probabili anche se in realtà non lo sono.

Le ricerche di Kahneman hanno come punto di partenza la constatazione e valutazione di apparenti anomalie e contraddizioni osservabili nel comportamento quotidiano delle persone. In particolar modo si osserva che, posti degli individui di fronte ad una scelta, essi si comportano in maniera significativamente diversa, mostrando una propensione al rischio oppure un’avversione ad esso, a seconda di come la scelta e le opzioni vengano loro presentate; quindi, non vi è modo per la nostra mente di garantire l’esistenza di un ordine di preferenze e credenze, che sia coerente e determinato a priori. Questo non significa, come sottolinea Kahneman, che la scelta venga compiuta in maniera necessariamente irrazionale, ma è fondamentale per gli operatori del settore economico decisionale riconoscere e tenere debitamente in considerazione l’asimmetria spesso evidente nelle scelte quotidiane degli uomini. Tale asimmetria, aggiunge l’autore, è molto evidente nelle situazioni di rischio in cui il soggetto deve prendere una decisione e mettere in atto un certo comportamento in una situazione di incertezza. Qui, infatti, il comportamento sembra essere dettato da una valutazione soggettiva delle probabilità, molto diversa da quella oggettiva.

Il lavoro che più di ogni altro merita di essere citato è certamente l’articolo pubblicato nel 1979 sulla prestigiosa rivista Econometrica, in cui Kahneman e Tversky, attraverso la definizione della Teoria del Prospetto, stabiliscono uno dei punti di riferimento più solidi e convincenti per lo studio delle decisioni in condizioni di incertezza. La teoria rappresenta un’alternativa “descrittiva” alla teoria dell’utilità attesa di John von Neumann e Oskar Morgenstern. Ciò significa che, mentre la teoria classica aveva il fine di stabilire le condizioni ideali secondo cui una decisione può essere definita “razionale”, la teoria del prospetto si propone invece di fornire una descrizione di come gli individui effettivamente si comportano di fronte ad una decisione. La teoria del prospetto si focalizza in particolare sulle decisioni in condizione di rischio, che sono definite come le decisioni in cui è conosciuta o si può stimare la probabilità associata ai possibili esiti di ogni alternativa a disposizione.

Si tratta di una sorta di Rivoluzione Copernicana nell’ambito della teoria economica. Si assiste, infatti, al passaggio da un punto di vista oggettivo e basato soprattutto su strumenti caratterizzati dal preciso e rigoroso formalismo matematico tipico di un’impostazione Walrasiana, ad un punto di vista soggettivo, in cui razionalità, emotività ed esperienza passata si fondono in un moderno sincretismo decisionale che guida e incanala le scelte e le previsioni dell’agente economico. Quello stesso e moderno agente economico, dalle tasche ricolme di simili e innovativi strumenti, che si accinge a fare previsioni per allocare al meglio le proprio risorse e diversificare in maniera efficiente il proprio portafoglio come un moderno Aleksej tra le roulette dei mercati finanziari, non deve peccare di tracotanza e non deve sottovalutare la legge dello zero.

 

Per approfondire:

  • Dostoevskij, F. (1866), Il giocatore, Traduzione di Anna Maria Capponi Glouchtchenko, Prato, Giunti, 2007;
  • Knoch, D. e Giannotti, L. R. R. (2006), Disruption of Right Prefrontal Cortex by Low-Frequency Repetitive Trans-cranial Magnetic Stimulation Induces Risk-Taking Behavior, in “The Journal of Neuroscience”, Vol. 26, (24);
  • Von Neumann, J. e Morgenstern, O. (1953), Theory of Games and Economic Behavior, Princeton University Press;
  • Häggström O. (2002), Finite Markov Chains and Algorithmic Applications, Cambridge University Press;
  • Tversky, A. e Kahneman, D. E. (1979), Prospect theory: an analysis of decision under risk, in “Econometrica”, Vol. 47, No. 2., pp. 263-292.

 

Foto: “Roulette” (CC BY-NC 2.0) by bejadin.

About Cosimo Abbate

Consulente economico e finanziario, è Dottore di Ricerca in Scienze Economiche. Ha collaborato per la FAO, le Università “Parthenope” e “Federico II” di Napoli e l'Université de Lyon II, dove ha svolto il post-doc. I suoi temi di ricerca riguardano la Sostenibilità Economica e Agroalimentare, i Mercati Finanziari, la Finanza Comportamentale e le Asimmetrie Informative nel Mercato del Lavoro

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